Newsletter
 
 
 
 
       CONTEMPORANEITA'
       SCRITTURE
       POESIA
       RUBRICHE
       SGUARDI
       INTERVISTE
       COLLABORA
 
 
 
 
 
   
     
 
 

FENDITURE: libri, musica e dintorni.. a cura di Claudio Orlandi

presentazione

Così si aprono i testi. le teste le facciamo rotolare [loro]
gli anni hanno odori differenti. i colori in modo eccezionale [anche più]
Voi mi date del sonnifero affinché rimanga. In disparte. senza memoria.
A benedirmi in tutta calma e sicurezza. Madre mia la sicurezza [Lei]
Gli Anni arrotolano, si allungano in rullo e spianano
Montagne rese superficie. un occhio di riguardo please.
La cultura è industriale o non è. O come ossa.
B come guerra, B come ignoranza, o ancora come Osseta.

Allora! I testi si facciano rotolare bitte.
Addio giardini in alto i rastrelli !
Aprite !
Ma così si aprono le teste..
Si fendono, si fendono..

“ Non è nel non comunicare, [la morte]
ma nel non essere compresi...[...]
Ah, ah,
e... chi è che non comprende ? ...“

                                                                  P.P.Pasolini, Una disperata vitalità

 
 
 

Prima Fenditura
Poeti Arabi di Sicilia, un progetto da riscoprire

“La maggior parte degli Europei non ha un’esatta misura dell’importanza dell’apporto che l’Europa ha ricevuto dalla civiltà islamica, né ha compreso la natura di ciò che in passato essa ha mutuato da quelle civiltà, e alcuni si spingono fino a disconoscere completamente tutto ciò che vi si riferisce. Questo accade perché la storia quale viene loro insegnata travisa i fatti e pare essere stata deliberatamente alterata in molti punti…” così scriveva René Guénon intorno alla metà del secolo scorso in un articolo apparso nella rivista “El-Marifah”, tradotto poi in “Études traditionnelles”.

“E’ importante notare che l’insegnamento storico nelle università europee –continua Guénon - non fa conoscere l’influenza musulmana. Al contrario, le verità che in proposito dovrebbero essere dette vengono sistematicamente omesse, negli scritti come nell’insegnamento, soprattutto per quanto riguarda gli avvenimenti più importanti. Ad esempio è generalmente noto che la Spagna rimase per diversi secoli sottoposta alla legge islamica, ma non si dice mai che lo stesso accadde in altri paesi, come la Sicilia e la parte meridionale della Francia attuale.”

E’ trascorso più di mezzo secolo da quando il pensatore francese scrisse quanto sopra, ma con tutta sincerità non credo si possa dire le cose siano cambiate in meglio, anzi mi sembra che un fossato ancora più profondo vada formandosi in questi ultimi anni tra la realtà storica e le forme del conoscere comune.

Nella prima metà del IX secolo d.C., dopo aver preso la Spagna gli Arabi, divisi in tribù, si volsero alla conquista della Sicilia, nodo decisivo nella strategia politica del Mediterraneo. Dalla fortezza di Susa, l’attuale Sousse, partì un centinaio di navi con diecimila soldati e cavalli. Nel giugno dell’827 d.C., l’armata approdò a Mazzara e da qui iniziò la conquista dell’isola durata diversi decenni. Gli arabi - ha sostenuto Vincenzo Consolo durante un incontro tenutosi recentemente nella sede della Fondazione Antonio Ratti tra lo stesso scrittore siciliano e l’intellettuale marocchino Tahar Ben Jelloun (autore dello splendido “il Razzismo spiegato a mia figlia”)- trovarono l’isola in uno stato d’abbandono e miseria, causa le depredazioni romane e le varie spoliazioni, ma “con la civilizzazione araba, durata due secoli e mezzo, la Sicilia attraversò una sorta di rinascimento: scoprì le tecniche dell’agricoltura, vide fiorire le arti e la scienza e diffondersi dei principi di uguaglianza e tolleranza”.

La conquista araba non fu certo indolore e come ogni atto militare provocò distruzioni e disordini, oggi diremmo “danni collaterali”. Cristiani ed ebrei dovettero pagare più tasse, portare particolari indumenti per farsi riconoscere e segnare le loro case. Tuttavia i nuovi conquistatori seppero anche rivelarsi clementi e rispettosi: alcune città rimasero, almeno virtualmente, indipendenti e la libertà di religione venne in qualche modo assicurata. Quando poi nel 1091 giunsero i Normanni, che riportarono l’isola alla cristianità, l’eredità dei vinti fu accolta e inglobata, tanto che – ricorda ancora Consolo - sotto il regno di Ruggero il Normanno:“Palermo contava 300 moschee, oltre a sinagoghe ebraiche e a chiese cristiane dei due riti romano e bizantino”. Infatti, durante la dominazione musulmana e fin dall’insediamento delle prime comunità, gli scambi culturali tra gli eruditi dell’Oriente e dell’Occidente musulmano, resi possibili sia da ragioni commerciali, sia in quanto l’isola offriva un comodo punto di transito sulla via del pellegrinaggio alla Mecca, divennero frequenti e fruttuosi. Il clima instauratosi ed un periodo di prosperità produsse una singolare fioritura di poeti e rimatori locali, e in generale si visse un periodo di crescita culturale.

L’esodo dei musulmani dalla Sicilia interruppe la tradizione di studi grammatici, lessicali e giuridici, ma non impedì che la poesia continuasse a fiorire. Scriveva De Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana: “La Sicilia divenne il centro della cultura italiana. Fin dal 1166 nella corte del normanno Guglielmo II convenivano i trovatori italiani. Sotto Federico II l’Italia colta avea la sua capitale in Palermo. Tutti gli scrittori si chiamavano siciliani. ”Forse potrà apparire strano per molti, ma alla corte di Federico II, l’arabo era una lingua praticata con la stessa frequenza del greco e del latino.

Di certo parte della nostra storia culturale merita di essere rivisitata, ripercorrendo - dove possibile - sentieri cancellati dall’incuria e dall’ignoranza. A ben vedere è come se un filo si fosse spezzato impedendoci di comprendere lucidamente alcune vie della nostra storia culturale, costringendoci oggi ad una visione sterile e parziale, nella quale culture non-comunicanti e nettamente separate l’una dall’altra si contrappongono. Problema posto al centro dei suoi studi da parte dell’algerino Khaled Foud Allam, attuale docente di Sociologia del mondo musulmano e di Storia all’Università di Trieste. Riferendosi ai suoi allievi afferma: “Ciò che è grave non è la loro lacuna intellettuale, ma l’oblio, la perdita di una memoria condivisa. E’ accaduto un divorzio fra storia e memoria. ”In tal senso sarebbe importante ricordare - così come ci invita a fare lostesso Allam - che il poeta più rappresentativo della Sicilia medievale fu Ibn Handis, nato a Siracusa ed autore di un canzoniere di seimila versi. In realtà, sottolinea Francesco Stella: “in vari momenti della sua storia e in diversi tratti la tradizione araba ha influenzato la lirica occidentale e ne è stata influenzata, ma oggi si stenta a percepire la poesia come un connotato distintivo della cultura araba, come una dei vertici più elevati della sua civiltà” . Questo articolo nasce proprio dal convincimento che l’arte poetica esprime la parte più intima dell’identità di una cultura, più profondamente di qualsiasi altra creazione artistica o di qualsivoglia strumento di comunicazione. E questo è tanto più vero nel caso del mondo arabo, dove la poesia ha rappresentato e rappresenta a tutt’oggi la sua massima espressione artistica. Come scrive il poeta siriano Adonis “dal puntodi vista linguistico, l’uomo arabo è cresciuto in una cultura che considera la lingua come la propria immagine parlante, e se stesso come un riflesso di questa lingua. Essa è il simbolo primario dell’identità araba.”

E’ da questa persuasione e non senza una certa emozione, che mi sento di presentare come primo intervento in questa rubrica un testo che considero per certi versi esemplare. Stiamo parlando di Poeti Arabi di Sicilia. Nella versione di poeti italiani contemporanei a cura di Francesca Maria Corrao. Il testo è apparso nella sua prima edizione nel 1987, per Arnaldo Mondadori. Si tratta di un’antologia di poeti arabi di Sicilia prima della riconquista normanna. Come ricorda nell’introduzione la curatrice è a Michele Amari che va l’effettivo merito di aver recuperato da diverse raccolte arabo-andaluse, edite o manoscritte, la maggior parte dei testi a disposizione. Il libro racchiude in se un progetto che trovo entusiasmante ed unico per certi aspetti: si tratta di traduzioni dei poeti dai poeti. La Corrao ha chiamato a raccolta i maggiori poeti italiani del tempo, proponendo loro di impegnarsi nella traduzione dei testi. Così come lei scrive “l’idea di far tradurre a poeti italiani le poesie arabe di Sicilia è nata come atto di omaggio verso autori che hanno contribuito, anche se indirettamente, all’evoluzione della nostra cultura”. Il procedimentousato è così descritto: i testi raccolti sono stati proposti nelle traduzioni esistenti, così che a ciascuno fosse data l’opportunità di operare la scelta più congeniale.

In un secondo momento è stata realizzata una traduzione interlineare affiancata dalla trascrizione in caratteri latini dell’originale arabo, e con esempi della scansione metrica e di lettura del testo. In questo modo è stato possibile vedere all’opera poeti del calibro di Pagliarani, Porta, Raboni, Sanguineti, Zanzotto, Luzi, e tanti altri. Poeti appartenenti a scuole diverse, spesso non benevole fra loro ma qui uniti nel meraviglioso e complesso esercizio di traduzione. Per dare un’idea di quanto fosse diffusa e sentita l’arte del comporre versi nella Sicilia araba basta ricordare che tra gli autori figurano rappresentanti di diverse categorie sociali: gli stessi principi mecenati, capi militari, giudici, lessicografi, grammatici, vizir e funzionari dell’amministrazione. Emblematica a mio avviso, per comprendere la portata del progetto quanto scritto da Luciano Anceschi nella prima introduzione al testo: “Ora citroviamo davanti a una inquietante antologia di Poeti arabi di Sicilia nella versione di poeti italiani contemporanei. E le domande si fanno fitte, s’intrecciano con la sensazione di trovarci piacevolmente tra l’altro e senza terrori all’interno di un labirinto fertile di sorprese. ” E ancora, dall’alto della sua colta modestia: “l’antologia è piena di meraviglie e di sorprese dove la meraviglia e la sorpresa sono anche una continua aggressione alla nostra ignoranza”.

Buona lettura !

 
 
 
 

Ibn At-Tubi (secolo XI)

Nella sua bocca spiccano perle
chiuse nel cerchio della corniola.

Acuminate lame di ciglia
sono una spada fine a due tagli.

Un solo bacio su quella bocca
apre il sentiero della paura.

(Versione di T. Scialoja)

 
 
 

Abu Ali Al-Husayn

I
Forse un calice conico ricolmo di bevanda
brilla come la luce del mattino.

Come se avesse al centro un tizzone rovente
che lo infrangesse con le sue scintille.

Ricorda ciò che vedi, pensa alla meraviglia
dell’unione dell’acqua con il fuoco.

II
Non credere, la lacrima dell’occhio
ha la stessa sostanza del mio sangue,
è solo il mio respiro che la fa uscire fuori.

Il sangue è reso bianco dal calore
di un ardente tizzone:
se quel tizzone si dovesse spegnere,
tutto il mio sangue rimarrebbe rosso.

(Versione di V. Magrelli)

 
 
 

Ibn Hamdis ( 1056-1133)

Corro con te verso i tuoi vent’anni
e tra noi si spalanca quella distesa di trenta
che per l’uomo, si dice, procede all’indietro.
Se tale ha da essere la giusta direzione
correrò ancora con te indietreggiando.
Agguanterò il desiderio trascinandomi
sugli occhi e sul naso.

(Versione di A. Giuliani)

 
 
 

‘Abd Ar-Rahman di Trapani (secolo XII)

Aduna Favara dei due mari ogni valore e pregio
una vita piacevole la bellezza dei luoghi senza uguale

si diramano in nove ruscelli le tue acque
e quel loro fluire separate che incanto!

la battaglia d’amore ha il suo terreno al centro tra
l’uno e l’altro mare
e in riva al tuo canale la passione attende

oh il lago delle due palme che meraviglia! e il palazzo
sovrano eretto in mezzo al lago che lo cinge

le acque pure e chiare dei due rami di mare
sono perle liquefatte tutta quella liscia lama è un lago

i rami del giardino si protendono
a vedere i pesci a scherzare

e nuota il pesce nelle sue acque limpide
e cantano gli uccelli nel suo folto d’alberi

le arance quando sull’isola maturano
sono fuochi che ardono su rami di crisolito

e il limone somiglia al pallore dell’amante
dopo notti di lontananza e di tortura

e somigliano le palme a due leali amanti
in guardia dai nemici in un forte per loro inaccessibile

o pende un sospetto su di loro
ed essi
si ostinano a mettere alla prova
il pensiero di chi dubita
O palme dei due mari di Palermo
vi irrorino
le piogge d’abbondanza senza pause
gioite dei decreti del destino
concedetevi ogni gaudio
e gli eventi avranno pace

all’unisono con Dio proteggete il popolo d’amore
all’ombra vostra sia l’amore inviolabile

l’ho veduto questo con i miei occhi
ma sentissi parlare di simili delizie crederei a un imbroglio.

(Versione di M.Luzi)

 
 

. . .
Poeti arabi di Sicilia. Nella versione di poeti italiani contemporanei, a cura di F.M.Corrao
Nel 2002 la messinese Mesogea ha ripubblicato il testo.
Per chi volesse addentrarsi ulteriormente nel tema, del 2001 è il libro
Poeti arabi di Sicilia, a cura di Carlo Ruta. Edi.bi.si, Palermo.
. . .

* Salutiamo e ringraziamo per la sua opera il Poeta Mario Luzi.

Febbraio.05 - Claudio Orlandi
[claudiopane@hotmail.com]

 

top

 
   
   
   
   
     
www.progettopane.org . copyright © 2011 [1280 x 800]